5 - Zoraide

Massimiliano Filippi
Classe: IV B

Vi racconterò di quello che mi accadde quando,poco più che ventenne,lavoravo come marinaio su una nave veneziana che commerciava in stoffe lungo le coste del Mediterraneo: era l'anno del Signore 1657.

Eravamo di ritorno da Creta quando fummo attaccati da una nave di corsari mori: a nulla valsero i nostri sforzi per cercare di fuggire, la nave fu catturata ed io e i miei compagni fummo fatti prigionieri e venduti come schiavi. Un ricco proprietario terriero di Laodicea mi comprò per un pugno di zecchini d'oro.

Costretto a lavorare per 16 ore al giorno scaricando sacchi di grano o lavorando nei campi, le poche ore libere che mi venivano concesse le utilizzavo per riposare e  recuperare le forze.

Ebbi modo di conoscere Zoraide,la figlia del padrone,che aveva imparato la mia lingua da una schiava cristiana morta due anni prima. Zoraide aveva sentito dire che ero stato marinaio e ardeva dal desiderio di sentirmi raccontare delle numerose città che avevo visitato.

Così la sera, la ragazza giungeva puntuale per sentirmi raccontare e come ricompensa mi donava  una fiasca contenente “qahwa”: una bevanda a mio parere magica poiché ogni volta che l'assaggiavo,subito mi sentivo tornare in forze, pronto a sopportare una nuova giornata di lavoro.

La ragazza ascoltava avidamente le mie storie e,come una bambina desiderosa di apprendere, mi tempestava di domande. Tra noi nacque una complicità che si trasformò presto in amore: non sentivo più il peso delle ore di lavoro e se in un primo momento per recuperare le forze avevo bisogno della bevanda magica, ora mi bastava l'amore di Zoraide. Per tre anni fui l'uomo più felice sulla Terra poi un giorno, due uomini armati mi portarono al cospetto del padrone, mi legarono ad un palo e incominciarono a frustarmi fino a farmi perdere i sensi.

Frammentari e confusi sono i ricordi successivi poiché le ferite aperte della mia schiena mi provocavano un dolore così forte da farmi svenire spesso. Quando ripresi conoscenza mi trovavo su una spiaggia (appresi tempo dopo di trovarmi in Calabria e di essere stato portato lì da marinai arabi).Con fatica mi alzai, qualcosa cadde per terra: una lettera.

 

“Amore mio,un fato avverso ha voluto dividerci. Il figlio che porto in grembo, frutto del nostro amore,è la causa che ha portato mio padre a dividerci con tanta crudeltà. L'ho pregato di concederti il perdono e il solo pensiero che tu sia vivo mi rincuora e mi da la forza di continuare a vivere senza di te. Voglio che tu sappia che,nonostante ci divida un mare così vasto, tu sei e sarai per sempre l'unico amore della mia vita. Per sempre tua. Zoraide”

 

Invano negli anni successivi tentai di rimettermi in contatto con Zoraide.

Per dieci anni ho vagato per l'Europa e in questa bottega di Vienna ho trovato pace: ordino la bevanda magica che noi Europei chiamiamo caffè, chiudo gli occhi, mi concentro sul sapore e per quei pochi istanti della giornata mi ritrovo in Arabia, insieme alla donna della mia vita: Zoraide.

 

Vienna,22 Aprile 1697

 

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