7 - Un ultimo caffè

Nicole Garbin
Classe: IV BS

Da quando il dottore ci aveva comunicato che la malattia sarebbe progredita in fretta e che presto non si sarebbe più ricordato il mio nome,non ero più riuscito ad andare a trovarlo. So che avrei dovuto cercare di sfruttare il più possibile i momenti di lucidità che aveva,fintanto che c’erano,ma l’idea di entrare come uno sconosciuto mi atterriva,l’idea di sentirmi dare del lei da mio padre,come fossi il suo notaio,mi dava i brividi. Ma quando mia madre mi fece quella telefonata capii che dovevo andare,fosse anche coi brividi e con le lacrime agli occhi,sarebbe stato comunque un momento,se non fossi andato i brividi e le lacrime me li sarei portati dietro tutta la vita. Arrivai alle 5 del pomeriggio,con mia madre seduta sugli scalini,assorta. Le diedi un bacio sulla guancia ed entrai in casa. era la stessa di quando ero bambino,le stesse foto appese agli stessi muri,ogni cosa così disposta bene da poterla prendere tenendo gli occhi chiusi e per un attimo quasi mi scordai il motivo della mia visita,perché tutto era ancora perfetto,a eccezione di quella camera in fondo al corridoio. Mio padre stava lì,steso nel letto matrimoniale, con gli occhi chiusi e Rughe eccezionalmente profonde a solcargli la fronte,come se fosse diventato vecchio in un’ora. Mi sedetti accanto al letto e mi cadde lo sguardo sulla tazzina di caffè sul comodino: caffè ristretto senza zucchero. ‘’Sei sempre tu,papà’’ sussurrai tra me e me ‘’ cascasse il mondo,ma il caffè non è caffè se non è scuro,amaro e corto.’’ Proprio in quel momento,mio padre si tirò su di scatto,e boccheggiante gridò: ‘’Non ricordo più di che colore sono i miei occhi’’
‘’Sono neri papà. E il tuo colore preferito è l’azzurro,perché quando avevi il bar le tazzine erano di quel colore. Hai lavorato al bar da quando avevi quindici anni,perché era l’attività di tuo nonno. È lui che ti ha insegnato a fare il caffè;tu lo prendi amaro e ristretto,da vero duro,e poi ti commuovi se ti fanno una sorpresa. Ami il calcio,e non dimenticherei mai quando,vinta la coppa dei campioni,mentre tutti brindavano con lo spumante,sei andato a prepararti uno dei tuoi soliti caffè. La gente ti guardava sbalordita e tu lo sorseggiavi tranquillo,anche se a fine serata eri il più ubriaco di tutti,perché chissà che cosa ci avevi aggiunto. ‘’Ciò che bevo non deve essere giusto,deve essere corretto’’. L’avrai detto cento volte quella sera. E quando preparavo la tesina di laurea stavi sveglio con me tutta la notte a preparare un caffè dopo l’altro,e anche se ci volevo lo zucchero in casa mi era categoricamente impedito. E quando ti ho lasciato il cane mentre ero in vacanza, anche a lui hai dovuto per forza offrire del caffè. Era poco,ti sei giustificato e quando ti ho urlato che era un cane, hai avuto il coraggio di dire ‘’Un caffè non si nega a nessuno’’ e hai aggiustato tutto,perché mi hai fatto ridere. O quando,mentre a colazione stavi per sorseggiarlo,ti ho detto  che saresti diventato nonno e tu lo hai sputato tutto sulla tovaglia. Mamma per poco non ti ammazzava,tiene alle sue tovaglie quanto tu ai tuoi caffè. La ami tu la mamma,anche se magari adesso non ti sembra,perché lei è l’unica a cui è permesso zuccherare il caffè davanti a te. E i tuoi occhi sono neri,papà,ma tu sei la persona meno buia che conosca.’’
Mi guardò per un secondo,facendo un mezzo sorriso,poi risprofondò nel suo stato di sonno. calmo.  Lui poteva anche non ricordarsi di me,ma io mi ricordavo di lui e di quello che avevamo fatto insieme,perché quei momenti c’erano stati. Bevvi un caffè prima di andare,non riuscii ad aggiungere neanche un cucchiaio di zucchero

 

Vota questa storia:

 

o con Facebook:

 

 

E poi condividila su...