8 - Il bar di via Garibaldi

BonettiSofia
Classe: IV BL

All’angolo di via Garibaldi, verso piazza Mazzini c’è un piccolo bar. Il locale è semplice, arredato senza tanti fronzoli, pulito. E‘ tanto frequentato alle classiche ore di pausa: al mattino per la colazione, verso le dieci per una interruzione della mattinata, dopo pranzo e ancora a metà pomeriggio. Il barista è da solo. Chi lavora in zona o chi passa da lì per una passeggiata o per uno shopping veloce entra nel bar e chiede un caffè, anzi un preciso tipo di caffè: espresso, ristretto, lungo, macchiato caldo, macchiato freddo. E quasi nessuno si siede, una golata e via, si paga e fuori all’aria aperta, a continuare lo shopping o la passeggiata, o di nuovo in ufficio al lavoro.
In questo piccolo bar, dove lo spazio è poco e dove il tempo è ancora meno, piccolo e forse per questo tanto profumato, il via vai di gente si ferma. E’ un fermo-immagine, un fotogramma incantato.Lei arriva in compagnia di un’amica. In piedi al bancone ordinano due caffè, caffè espresso, nero. Nella breve attesa il gomito di lei quasi sfiora quello di un giovane signore in piedi accanto a lei. Lei è vestita bene, con un tailleur alla moda, si direbbe che lavori in uno degli uffici della zona, forse una banca. Lui è vestito bene, in giacca e cravatta, si direbbe che lavori in uno degli uffici della zona, forse una banca. Non si conoscono, forse sono due banche diverse. Lui è in compagnia di un collega. L’ora del pranzo è quasi terminata, forse hanno mangiato seduti a un tavolino o forse in mensa. Adesso si deve prendere il caffè, si beve in piedi al bancone. Lui la guarda e lei ricambia lo sguardo. Arrivano le due tazzine riempite neanche a metà, fumanti, la schiumetta chiara contrasta il contenuto scuro. La tazzina è bollente, quasi da scottarsi le dita a prenderla dalla piccola maniglia dove passa un dito appena e si fa girare poco, con movimenti rotatori lenti; niente zucchero. Quasi un cin cin e giù il liquido nero bollente con un colpetto svelto della testa. Un altro sguardo e un sorriso. Lui e lei si scambiano un cenno, sembra che nessuno veda ma loro sanno che è nata un’intesa.
Il giorno dopo stesso bar, stessa, ora, stessi colleghi o amici e stesso caffè. Il tempo si ferma e ci sono le presentazioni. L’alito colpisce in viso, caldo e profumato, sa di caffè, l’aroma invade le narici e diventa afrodisiaco.
Sono passati cinquant’anni e lui e lei non si sono più divisi. Ogni giorno al bar a prendere il caffè dopo pranzo. Il bar è cambiato, la città anche, niente più tailleur o giacca e cravatta, ma stesso espresso bollente, sempre nero, sempre senza zucchero.

 

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