3 - Il caffè di notte

Lady B
Classe: IV

Theo Van Gogh appoggiò la tela sul cavalletto che usava solitamente per analizzare le nuove opere del fratello. Scostò il telo di yuta che lo ricopriva rivelando l’opera. A primo impatto Theo rimase colpito, sopratutto dai colori forti: il giallo e il rosso dominavano la tela. Quest’ultimo colore, utilizzato per le pareti del bar, creava un effetto malinconico e disturbante, quasi che invece di un caffè ci si ritrovasse in una fornace. Nella lettera che aveva accompagnato la tela nel lungo viaggio in treno, il fratello maggiore spiegava che aveva scelto come soggetto il bar di Place Lamartine. La proprietaria del locale, Madame Ginoux, era una conoscente di Vincent e in più occasioni aveva posato per i suoi quadri. I colori, discordanti tra loro, trasmettevano una sensazione di disagio. Van Gogh nella lettera spiegava, quasi fosse stato un poeta, lo scopo dell’opera: egli voleva, attraverso la scelta dei colori, esprimere la violenza insita nelle passioni degli uomini che, proprio all’interno dei bar e nei caffè, diventavano molto più forti e pericolose. 

Altro elemento che trasmetteva disagio, spiegava Van Gogh, era il distacco delle persone rappresentate all’interno dell’ambiente, come se fossero isolate, spente e chiuse all’interno dei propri pensieri. Theo distolse lo sguardo dal quadro del fratello e si accostò alla finestra. Ogni volta che doveva analizzare, comprendere ma anche solo semplicemente ammirare un’opera del fratello maggiore, veniva travolto da un senso di pesantezza e di apprensione. Apprensione per il fratello Vincent, per le sue condizioni instabili, sempre in bilico sul filo del rasoio, un filo sottile che separava la stabilità dalla crisi, la normalità dalla follia. Follia che Theo spesso ritrovava evidente nelle opere del fratello. Theo levò lo sguardo al cielo e immaginò una vita, per sé e per Vincent, diversa da quella che stavano conducendo. Cercò di immaginare le pareti di quel bar non rosse e cupe bensì bianche e fresche, le persone non paralizzate ma allegre e sorridenti. Immaginò che quel maledetto giallo sparisse per sempre, sia dal bar sia dalla mente del fratello. Desiderò essere in quel bar, diverso da come lo aveva ritratto Vincent, con il fratello; i due fratelli Van Gogh insieme ma diversi da come erano in quella vita. 

Desiderò che il fratello maggiore non dovessero sopportare di essere sempre punzecchiato dagli aghi della follia. Theo voleva vedere scomparsa quella ruga, dovuta alla costante preoccupazione per la sorte del fratello, che negli anni si era incisa tra le sue sopracciglia. Sognava per entrambi una magica notte stellata passata in quel caffè senza più giallo. 

 

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